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Mi arriva una notifica su Instagram oggi, qualcosa che aveva a che fare con il fatto che io sono una donna impegnata, sto sempre in giro e che ho classe. Qualcosa tipo una serie di complimenti che fanno attivare i neuroni ed inizi a farti domande.

Mi sorprendo sempre un po’ quando le persone si meravigliano del fatto che io cinque anni fa, a 18 anni ho fatto le mie valigie e me sono andata a Milano, che mi sono laureata in due anni e mezzo, che ho avuto una storia a distanza per due anni, che ho ripreso le valigie, ci ho ributtato dentro il necessario e mi sono trasferita a Rotterdam per sei mesi di scambio e poi alla fine altri sei mesi di lavoro. La gente della mia città dice che io sono una girandolona, che la mia vita è attiva e che non perdo mai un colpo. Le gente della mia città che mi segue sui social, è fatta maggiormente di trentenni che non sanno cosa fare della loro vita e io sono la ventitrenne che almeno si dà da fare. Nel 2017 devo insegnarvi io che sui social indossiamo centomila maschere diverse? Sono lo specchio della nostra vanità, sono il posto dove farci vedere felici, con i soldi da sperperare in cazzate. “Sorridi, sorridi. E aspetta sposta quella ciocca di capelli . Ecco così stai meglio. Ti scatto una foto eh, così la posti su Instagram.”

Siamo così, inebriati dall’idea di ricevere like, di essere famosi per un secondo, di credere che a qualcuno davvero importi qualcosa di noi. Ma scusate, se anche i nostri amici se ne sbattono delle volte, perchè la nostra vita dovrebbe interessare a degli sconosciuti?

Tette e culi ovunque, pochi volti, solo tette e gambe provocanti con un bel libro piazzato sopra le mutandine; bocche riprese da tutte le angolazioni; bocche e collo scoperto come a dire “hey, baciami qui.” Provocazione, solo e sempre provocazione sui social. E se non è provocazione, allora è condivisione della propria apparente felicità.

” Volevo dirti che le donne con le camicie sono sempre belle, ma tu hai classe ed è un altro conto.”

Ti senti un po’ strana quando ti arrivano messaggi così e ti accendono quella parte del cervello dove la vanità combatte per prevalere sull’umiltà che ti suggerisce che sei una come un’altra. Ma noi donne siamo strane. A qualcuna piace il rock , a qualcun’altra piace mangiare il dolce prima del pasto per assicurarsi di avere abbastanza spazio nello stomaco, a qualcun’altra ancora piace provocare, qualcuna preferisce passare per una suora e poi darsi ai peggio uomini della terra. C’è chi invece si tatua, perchè a noi donne serve imprimerci sulla pelle quelle due cazzo di frasi per ricordarci chi siamo. C’è chi si ubriaca e preferisce sentire il vocio confuso  dentro a un bar dalle luci soffuse, perchè magari gin dopo gin, ti dimentichi chi sei e quello che ti porti dentro. C’è chi si compra la lingérie sexy perchè ogni occasione è buona per mostrarla e perchè le mutandine di cotone fanno tanto da Bridget Jones, perchè piacere a se stessi è la prima regola per piacere agli altri, così dicon tutti.

Per non parlare di noi donne che indossiamo il rossetto rosso per sentirci sicure, che ci nascondiamo dentro i maglioni larghi per non mostrare il seno, che abbassiamo gli occhi quando c’è chi fissa troppo a lungo. “Comprati una gonna!” mi dice sempre mia mamma, “Mostra quelle tue belle gambe. Se non lo fai adesso, quando lo fai!”

E’ che poi vorrei tanto che gli uomini andassero oltre le apparenze. Sono in tuta e quello che c’è davvero da vedere è quello che nascondo dentro gli occhi, lì dove il nervo ottico si collega al cervello, che comunica sempre con il cuore. Ecco, se ti fermi un attimo lì ci vedi un paio di cose:

  • un tatuaggio, sì ho bisogno di ricordarmi quei tre quattro ideali in cui credo
  • pezzi di  me rimessi insieme, ricuciti, ma doloranti
  • i miei sogni, profumano di speranza, ma spesso mi perdo, camminando.
  • gli obiettivi falliti, mescolati a quelli nuovi, che poi forse non conosco nemmeno bene
  • i chili che ho perso, la spensieratezza che ho seppellito sotto metri di polvere
  • la voglia di credere in qualcuno, persa insieme alla fiducia tradita così troppe volte.
  • qualche pezzetto buono di cuore che è rimasto, quello che mi spinge ad essere gentile, a sorridere, ad amare sempre.

Io social li uso per altro: per condividerci le esperienze di viaggio, le emozioni e i drammi, le difficoltà. C’è chi mi dice che sono ridicola e punta il dito contro perchè i social non servono a questo, c’è chi mi sprona a continuare, perchè se c’è chi vive almeno un decimo di quello che senti tu, allora non si è poi così soli.

La gonna l’ho comprata e sì, vivo da sola a Rotterdam. Non conosco l’olandese, non so quando tornerò, non so se sono disposta a tornare a Milano o se mi ritrasferisco da qualche altra parte.

Cosa faccio? Scappo dalle mille maschere che altrimenti dovrei indossare. Uno, nessuno, centomila. Io voglio solo essere Una.

Noi donne, non cercare di capirci.

S.

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